COMERCI ASSOLTO: NIENTE COMUNICATI ?
di Tiziana Maiolo
Da L’Unità (6 giugno 2023)
L’imprenditore Nicola Comerci è stato assolto dal tribunale di Vibo Valentia. Non è un bancarottiere fraudolento. Nessun commento, nessuna conferenza stampa, in questi giorni in Calabria. Eppure sette anni fa, quando erano state eseguite le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di un’intera famiglia, e poi in seguito un sequestro di beni per tre milioni di euro, che poi erano diventati cinquanta, erano mancate solo le trombe e i trombettieri perché tutti sapessero, come aveva dichiarato Federico Cafiero De Raho, allora procuratore capo della repubblica di Reggio Calabria, che, attraverso indagini patrimoniali, la polizia era arrivata a definire “un quadro che attesta come il soggetto fosse un uomo contiguo alle cosche Mancuso e Piromalli”. Il “soggetto” è un noto imprenditore del settore turistico-alberghiero, proprietario tra l’altro del resort Blue Paradise, il villaggio turistico che darà poi il nome all’operazione di polizia giudiziaria.
L’indagine era stata avviata in piccolo, una decina di anni fa. Il punto di partenza, nel marzo del 2016, era stato il fallimento della società Inox Form srl che aveva accumulato un debito con il fisco di oltre tre milioni di euro. Data la consistenza del debito, la procura della repubblica di Reggio aveva incaricato la Guardia di finanza di approfondire le ragioni che avevano portato al dissesto. Era così emerso il fatto che la Inox era in rapporti economici con un’altra società, la Insieme, che le aveva affidato la gestione del villaggio turistico Resort Baia di Tropea (già Blue Paradise). In definitiva, secondo la Guardia di Finanza, quella che appariva come una normale transazione di affari di un gruppo che dà a un altro la gestione di un ramo d’azienda, nascondeva un affare truffaldino. La Inox sarebbe stata intestata a un mero prestanome e avrebbe svolto il ruolo di “bad company” destinata al fallimento. Di qui l’arresto del colpevole della truffa, Nicola Comerci, mandato ai domiciliari insieme alla moglie, i due figli e altre due persone. Imputazione, bancarotta fraudolenta e bancarotta documentale.
C’era bisogno di ostentare le manette? Probabilmente no, tanto più che le misure cautelari erano state in gran parte annullate venti giorni dopo dal tribunale del riesame. Ma evidentemente il procuratore Cafiero De Raho aveva ritenuto, come capita a chi svolge indagini nelle terre inquinate dalle mafie, che quella bancarotta fosse la spia di ben altro. Tanto che, pochi mesi dopo, arrivano le fanfare e le conferenze stampa in grande spolvero. Altro che i tre milioni di euro sequestrati per coprire il debito di una piccola società con il fisco. “Reggio, sgominato impero economico. Tra i beni il resort Blue Paradise”, annunciano siti e quotidiani locali nel novembre del 2016. E qui i milioni di euro, il valore dei beni confiscati a Nicola Comerci ammonta a 50. Nelle foto si vedono quattro autorevoli vertici istituzionali, visibilmente soddisfatti per il successo dell’operazione. Il questore Raffaele Grassi, il quale spiega come l’attività dell’anticrimine retta da Aldo Fusco, abbia sempre seguito tre principali direttive, per cui oltre alla cattura dei latitanti e l’individuazione delle cosche, un particolare impegno sia stato sempre attribuito all’aggressione dei patrimoni illeciti. E il procuratore Cafiero de Raho aveva sottolineato, con un argomento in verità un po’ scivoloso, come “non ci fosse sostanzialmente un’indagine sotto il profilo penale del Comerci, eppure siamo riusciti a stilare un quadro che attesta come il soggetto fosse un uomo contiguo alle cosche Mancuso e Piromalli”. Era stato poi il procuratore aggiunto Gaetano Paci a delineare il profilo dell’imprenditore, sottolineando la sproporzione economica dei suoi successi. Persino nel mondo della comunicazione Nicola Comerci si era dimostrato un vincente. Proprio nel suo resort infatti la Rai aveva girato la fiction ”Gente di mare”, un successo degli anni 2005-2007. C’erano state polemiche, perché si era detto che un altro imprenditore avesse fatto alla produzione Rai un’offerta economicamente più conveniente. E poi, quando Comerci aveva deciso di abbassare le proprie richieste, si era detto che era stato qualcuno della cosca Mancuso a suggerirglielo.
In ogni caso, se è vero che proprio Giovanni Falcone diceva “segui il denaro” per capire dove c’è puzza di bruciato, cioè di presenza mafiosa, non è detto che sempre dove c’è fumo ci sia arrosto. Tanto che nel 2021 la Corte d’appello di Reggio Calabria disponeva la revoca della confisca dei beni della famiglia Comerci perché non reggeva il sospetto della contiguità con le cosche Mancuso e Piromalli. La vicenda però si era complicata con un secondo arresto, reso drammatico con la morte per infarto della sorella subito dopo aver assistito all’evento. E in seguito c’erano stati due diversi interventi di annullamento della cassazione.
Sette anni di eventi contraddittori, arresti e confische, cui seguivano annullamenti. Sette anni di giudici contro pubblici ministeri e di giudici contro giudici. E si arriva alla sentenza di assoluzione di questi giorni, dopo sette anni di vicende giudiziarie che somigliano stranamente a una fiction come quella in cui la Rai fu costretta, si dice, a girare le scene in un luogo invece che in un altro. Perché il caso ha voluto che il tribunale di Vibo Valentia che ha assolto Nicola Comerci dall’accusa della bancarotta del 2016 sia presieduto da quella stessa giudice Tiziana Macrì, cui un’impugnazione del procuratore Nicola Gratteri aveva impedito di presiedere il maxiprocesso Rinascita Scott, tuttora in corso a Lametia, dive si attendono le richieste dei rappresentanti dell’accusa. Il motivo dell’incompatibilità era quanto meno discutibile: la dottoressa in passato nella veste di gip aveva autorizzato una proroga di intercettazioni nei confronti di un imputato. Certo, incompatibilità. Ma se esaminiamo la giurisprudenza dei tribunali presieduti da questa giudice, comprendiamo anche come il suo rigore e la sua attenzione nel non confondere i sospetti con gli indizi e le prove, la rendano alquanto “sospetta” in certi ambienti. E del resto la questione delle incompatibilità in una regione come la Calabria dove c’è grande carenza di magistrati viene a volte gestita un po’ a spanne. Come nel caso di quella giudice che ha trattato prima una causa civile in cui era coinvolto l’avvocato Francesco Stilo e poi è stata accettata come sostituta proprio sullo scranno dove Stilo è imputato e dove la presidente Macrì era stata dichiarata incompatibile. Ha potuto amministrare la giustizia altrove, e anche assolvere Nicola Comerci dal sospetto di aver messo in piedi una “bad company” per truffare lo stato.
- Posted by riformagiustizia
- On Giugno 6, 2023
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