Custodia Cautelare: fra errori e mancata responsabilità. Un motivo in più per votare SI al referendum
Di Kishore Bombaci
Il tema della custodia cautelare in carcere è molto delicato e sarà oggetto – insieme ad altri – del prossimo appuntamento referendario del 12 Giugno.
Quello che fa specie, come sostiene Giandomenico Caiazza, Presidente dell’UCPI, è che ad oggi mancano completamente i dati riguardo i provvedimenti di custodia richiesti dai PM e respinti dai GIP. Non se ne trova traccia in alcuna fonte ufficiale. Circostanza assai grave, soprattutto se si considera l’alto tasso di ingiuste detenzioni cautelari che evidentemente conseguono a richieste di applicazione della misura, sostanzialmente sempre accolte. Il silenzio sui referendum si somma, dunque, a questa lacuna che impedisce agli studiosi e agli operatori del diritto di potersi fare un quadro completo di come l’istituto vive nell’ordinamento e, soprattutto, nella sua applicazione nelle corti italiane nell’interesse di una Giustizia esercitata in trasparenza e nell’interesse della comunità.
I PM infatti tendono a scaricare la responsabilità di eventuali errori giudiziari – e ve ne sono molti – sui GIP secondo un ragionamento che più o meno si può così sintetizzare: il PM chiede il provvedimento cautelare, ma è il GIP che lo concede, quindi l’eventuale errore di un indagato custodiato poi rivelatosi innocente, è responsabilità del GIP. Il ragionamento è un classico scaricabarile all’italiana in salsa giustizialista che però ha una sua logica formale. Per verificare se tale logica ha anche un aggancio sostanziale alla realtà dei fatti, il dato sulle eventuali richiesta di applicazione della custodia cautelare respinte consentirebbe di confermare o smentire l’assunto dei PM. Non solo permetterebbe anche di sottoporre a vaglio la tesi relativa al sostanziale appiattimento del GIP sul PM e le sue richieste.
Conoscere il numero certo dei provvedimenti in cui un GIP respinge la richiesta del PM potrebbe dare un contributo importante per misurare lo stato delle cose. Perché, se veramente il numero delle richieste respinte fosse troppo esiguo come si sospetta, saremmo di fronte a una evidente stortura nel meccanismo applicativo della misura cautelare che determina una grave violazione dei diritti individuali. Purtroppo, non essendo disponibile tale informazione, siamo costretti a rimanere nel campo della teoria.
Per Caiazza, manca proprio la cultura della giurisdizione quale attività terza rispetto all’indagine e a chi la coordina e questo sposta inevitabilmente il baricentro della giustizia ex latere accusae. Ben si comprende quindi che anche sotto questo specifico punto di vista, iIl tema della separazione delle funzioni (meglio sarebbe delle carriere) si rivela centrale per il ripristino del valore della giurisdizione, e non è un caso che vi siano alzate di scudi (anche) su questo punto.
Il quadro che emerge da questa analisi è sostanzialmente deprimente – al netto di ogni generalizzazione, si intende – cui si aggiunge il problema dei c.d. provvedimenti “copia e incolla”. Il PM formula richiesta di custodia “copia e incolla” sulle informative della Polizia Giudiziaria, e il GIP irroga la misura a sua volta “copiaincollandola” sulla richiesta. Un’attività quasi automatica, carente del necessario approfondimento, alle spalle del cittadino-indagato – che, ricordasi, per Costituzione è non colpevole fino a prova contraria – che si vede limitata la libertà personale “ante processum” sulla base di un’attività estremamente superficiale o che, comunque, si presta a abusi.
Situazione ancora più preoccupante tenuto conto che dalla Relazione Ministeriale 2021 sulle misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione, emerge la totale mancanza di provvedimenti sanzionatori nei confronti di magistrati che hanno sbagliato – talvolta anche in modo macroscopico – privando della libertà persone già “ictu oculi” innocenti in fase di indagini preliminari. Nessuno paga! Né da un punto di vista della responsabilità civile – quesito espunto dalla Corte Costituzionale – ma nemmeno dal punto di vista disciplinare o della progressione di carriera. In altre parole, l’errore del Giudice non ha alcuna ripercussione in nessun campo del suo futuro professionale. Forse aveva proprio ragione il povero Enzo Tortora quando sosteneva che “in Italia solo 3 categorie di persone non pagano per i propri errori: i bambini, i pazzi e i giudici”.
Di fronte al privilegi della totale irresponsabilità per le proprie azioni, anche il c.d. fascicolo-performance introdotto dalla approvanda legge Cartabia, diventa pietra di scandalo e mobilita a ranghi serrati della magistratura italiana in una opposizione corporativa e ideologica, ma priva di senso.
In conclusione, se l’analisi dell’Avv. Caiazza è corretta, e ahimè, non vi è motivo per credere che non lo sia, ancor più necessario si rivela votare SI ai referendum – in particolare sulla separazione delle funzioni e sulla limitazione della custodia cautelare. Non si tratta di votare contro i magistrati, ma a favore della giustizia!
- Posted by riformagiustizia
- On Maggio 20, 2022
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