Caso Pittelli. C’é chi gioca con la vita di un presunto innocente: ora basta! (da L’Italiano)

dalla Redazione Calabrese del Quotidiano l’Italiano

CATANZARO – La città è piccola e la gente mormora. L’avvocato Giancarlo Pittelli corre, purtroppo, ancora una volta il rischio di ritornare in cella!. Non è ben chiara la causa dell’accanimento “giudiziario” ma la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha presentato ricorso contro la scarcerazione e concessione dei “domiciliari” evidenziando la presunta esigenza di detenere in carcere l’ex parlamentare di Forza Italia imputato nel processo Rinascita Scott. Il Tribunale di Vibo aveva accolto l’istanza dei suoi avvocati restituendo al Pitelli la facoltà di attendere nella sua residenza catanzarese l’iter processuale. Contro il provvedimento accolto con grande sollievo dai familiari e dal Comitato Spontaneo sorto anche quale osservatore della vicenda, è stato presentato ricorso a firma dell’intero pool dei pm e del procuratore Gratteri in persona. Anche questa scelta, alquanto irrituale, non appare immediatamente chiara. Secondo la magistratura inquirente la decisione di mandare ai domiciliari Pittelli “si fonderebbe su un’asserita attenuazione delle esigenze cautelari che, al di là di qualche generica frase di stile assolutamente priva di concreto contenuto – come quella che si riferisce sibillinamente al “complessivo comportamento dell’imputato” – non viene per nulla motivata”.  Anzi, “nessun elemento di novità sarebbe intervenuto per giustificare il mutamento della valutazione del quadro delle esigenze cautelari”.”

Si dimentica però di ricordare, ma lo sottolinea invece il Comitato spontaneo, quanto poco motivata fosse invece l’ordinanza di dicembre con la quale Pittelli era stato trasferito dai domiciliari al supercarcere di Melfi: una lettera chiara di disperazione indirizzata alla Ministra Mara Carfagna che ben difficilmente può essere fatta passare per ciò che non è: un tentativo di manipolare prove o di incidere illecitamente sullo svolgimento del processo.

L’accanimento nei riguardi di un cittadino che è sì imputato ma non “condannato”, e quindi costituzionalmente innocente, appare come un ulteriore macigno sulle prerogative dell’uomo in attesa di giudizio che però rischia di non potersi difendere come è giusto che sia.

Abbiamo così offerto il microfono al dott. Enrico Seta Coordinatore del Comitato a difesa dei diritti del cittadino Giancarlo Pittelli che ha raccolto, in poche settimane, più di duemila firme per ottenere almeno i “domiciliari” in alternativa alla carcerazione preventiva.

Un uomo di 69 anni che in due anni è stato sbattuto da Catanzaro a Badu e Carrus, a Reggio, a Catanzaro a Melfi e di nuovo a Catanzaro e che è in condizioni di salute sempre più precarie – spiega Seta – vive una condizione che stroncherebbe persino un trentenne. Se davvero Giancarlo fosse costretto a tornare in galera, con le restrizioni e le privazioni tipiche di una casa circondariale speciale sono certo che assisteremo ad un crollo fisico oltre che psicologico, probabilmente ricercato da lui stesso, che già a Melfi protrasse per oltre 15 giorni un disperato sciopero della fame per richiamare l’attenzione sulla prolungata detenzione e sulla sua totale disponibilità ad essere ascoltato dai suoi giudici. Ritengo che nessun tribunale possa decretare un simile esito “in nome del popolo italiano”.

Giancarlo Pittelli imputato nel processo Rinascita Scott, per concorso esterno in associazione mafiosa è accusato di essere il catalizzatore tra la ndrangheta e il malaffare politico. Accuse alquanto evanescenti ma dalla forte presa mediatica. Secondo i suoi avvocati molte di queste presunte collusioni sono semplicemente riconducibili alla attività professionale di Giancarlo Pittelli, avvocato penalista fra i più noti in Calabria, altre sarebbero facilmente classificabili come indizi privi di contenuto probante. Spesso, mere chiacchiere e illazioni fra e di pentiti sulla base di intercettazioni che in quanto tali assumono significati a seconda di come sono state trascritte e interpretate. Insomma un impianto molto ghiotto per la stampa scandalistica e come veicolo per incanalare il diffuso malcontento dei calabresi nei confronti della classe politica, ma poco idoneo a reggere un vero e proprio processo.  Nelle scorse settimane il Comitato “Pro Diritti per Pittelli” ha coinvolto e sensibilizzato personaggi come l’ex senatrice Tiziana Maiolo, l’ex giudice Carlo Nordio, l’on. Vittorio Sgarbi e tantissime altre personalità del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo.

Vorremmo solo – espone con la massima pacatezza Enrico Seta – che qualcuno spiegasse per quale ragione, si ritiene necessaria la custodia cautelare in carcere in attesa del giudizio… Quali maggiori controlli e perché rispetto ai metodi attivati già ora ai domiciliari (intercettazione continue di tutte le persone che gli stanno intorno o che gli sono vicine, frequenti visite dei carabinieri bussanti al citofono di casa Pittelli a tutte le ore del giorno e anche della notte). Nell’appello avanzato dalla Procura distrettuale non c’è traccia di tali motivazioni. Sembra che il carcere duro sia la condizione che il dott. Gratteri e i suoi sostituti considerano naturale per tutti coloro che devono subire un processo. In modo tale da non poter “incidere sul processo”. Che poi sembra essere quasi un sinonimo di “difendersi dalle accuse”. La vicenda ha dell’inverosimile. Sembra una mossa rivolta più all’opinione pubblica (che è un po’ il segno distintivo di una certa postura della Procura distrettuale di Catanzaro) che ai giudici dell’appello per i quali non si spreca tempo nella definizione circostanziata di motivazioni specifiche che richiedono un nuovo aggravamento delle misure cautelari “.

Nella giornata prefestiva del 20 febbraio la protesta civile si è spostata nella Capitale dove un piccolo tavolo per la raccolta delle firme a sostegno della campagna pro Pittelli è stato allestito e gestito dai volontari per spiegare quello che sta accadendo a Catanzaro a margine di questo processo che nelle aspettative gratteriane avrebbe dovuto superare persino quello celebrato a Palermo contro “Cosa Nostra”.

Un giusto processo dovrebbe essere svolto con l’imputato posto nella condizione di potersi difendere – conclude Seta – e non con le mani legate e annichilito da continue esibizioni di forza. Non è questo il clima per un sereno esame in fase dibattimentale. Occorre ripristinare il senso pieno della differenza fra Giustizia e puro accanimento giudiziario”.

Viene da domandarsi: quasi due anni e mezzo dall’annuncio della spettacolare inchiesta che avrebbe dovuto oscurare il maxi processo alla Mafia, quello istruito da Falcone e Borsellino, “Rinascita Scott” va sgonfiandosi e perdendo l’interesse mediatico?  Forse dalle parti della Procura si ritiene che tale interesse mediatico e di opinione possa essere tenuto alto solo con provvedimenti eclatanti che riguardano i ripetuti arresti e aggravamenti dello stato di detenzioni di Pittelli?

  • Posted by riformagiustizia
  • On Febbraio 22, 2022
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