Gratteri insiste: «Pittelli deve tornare in carcere» (da Il Dubbio)

di Simona Musco

Non c’è pace per Giancarlo Pittelli, l’ex deputato di Forza Italia a processo per concorso esterno e tornato ai domiciliari lo scorso 9 febbraio, dopo aver trascorso (altri) due mesi in carcere. Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e i sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso hanno infatti impugnato la decisione del Tribunale di Vibo, nella convinzione che ci siano elementi tali da giustificare il carcere. A darne notizia, ieri, è stato Umberto Boccolo, portavoce del “Comitato per Pittelli”, che si sta ricostituendo sotto forma di “Osservatorio sull’uso politico e mediatico della giustizia”.

Secondo la Dda, il provvedimento delle giudici che hanno firmato la scarcerazione non sarebbe adeguatamente motivato e ignorerebbe completamente gli elementi che aggravano ulteriormente la posizione del penalista. Lo stesso sarebbe stato emesso, inoltre, senza attendere il tempo utile per valutare il parere del pm. Pittelli, imputato nel processo Rinascita-Scott, era finito nuovamente in carcere a dicembre dopo aver scritto una lettera indirizzata alla ministra per il Sud Mara Carfagna, alla quale chiedeva aiuto definendosi vittima di accuse «folli». Una lettera che costituiva, però, una violazione delle restrizioni imposte dal giudice che gli aveva accordato precedentemente i domiciliari. Il Tribunale di Vibo, pochi giorni fa, aveva optato per un alleviamento della misura, sottolineando che «il tempo trascorso dal momento della riapplicazione della massima misura custodiale nonché il complessivo comportamento dell’imputato possono far esprimere, allo stato, un giudizio prognostico favorevole di resipiscenza del Pittelli in punto di futuro rispetto delle prescrizioni sullo stesso gravanti». Ma non secondo i magistrati antimafia, secondo cui a fondamento di quella decisione vi sarebbe una «motivazione soltanto apparente» e nessun elemento di novità «per giustificare il mutamento della valutazione del quadro delle esigenze cautelari». L’unico nuovo elemento sarebbe il tempo trascorso in carcere, ovvero due mesi. Una soluzione «in contrasto con il costante orientamento espresso dalla Suprema Corte», afferma la Dda, che cita più pronunce della Cassazione, tutte orientate ad evidenziare che il tempo, da solo, «è elemento insuscettibile» a giustificare la sostituzione della misura, «necessitando di ulteriori elementi che portino a ritenere che le esigenze cautelari siano scemate».

A motivare l’esigenza di una misura più restrittiva, per la procura di Catanzaro, non sarebbe solo la lettera inviata alla ministra Carfagna, ma diverse vicende che coinvolgono Pittelli, a partire dall’ordinanza di custodia cautelare disposta ad ottobre 2021 dal gip di Reggio Calabria, nell’ambito dell’inchiesta “Mala Pigna”, che lo vede indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, con riferimento alla cosca Piromalli. Ma non solo: il 5 novembre 2021 è stata depositata un’informativa del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro che documenta condotte che «integrano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione» in danno della Regione Calabria, alla quale Pittelli deve restituire oltre un milione di euro. Condotte risalenti al 2018 e che sarebbero finalizzate a sottrarre alla stessa «la possibilità di rivalersi su un terreno» che rappresenta l’unico bene sul quale avrebbe potuto esercitare l’azione restitutoria, «per soddisfare l’ingente debito scaturito da un finanziamento pubblico» per la realizzazione di villaggio turistico rimasto solo sulla carta. Per Pittelli, inoltre, la procura di Milano (che ha poi trasmesso gli atti a Roma) ha chiesto a maggio 2021 il rinvio a giudizio nell’ambito di un’inchiesta sulla Diamond Private Investment S.p.a., con l’accusa di aver riciclato il denaro frutto delle truffe aggravate per le quali è a processo l’amministratore delegato Maurizio Sacchi, «attraverso la percezione di ingenti finanziamenti, versati dalla Magifin immobiliare di Sacchi sul conto della stessa Sarusi Srl, società riconducibile al Pittelli e costituita ad hoc nel 2018».

L’ultimo capitolo della vicenda è, dunque, la lettera a Carfagna, poi inviata dall’Ispettorato di Pubblica Sicurezza di Palazzo Chigi alla Questura di Catanzaro. Lettera il cui mittente risultava essere la moglie di Pittelli, ma scritta dall’ex parlamentare, che indicava il numero della moglie quale contatto per essere raggiunto telefonicamente, ricordando alla ministra le tutele garantite dall’articolo 68. «È evidente – afferma la Dda – che, al di là della formale violazione delle prescrizioni, dalla missiva si evince la circostanza che il Pittelli abbia intrattenuto altri contatti non autorizzati ed utilizzi il nominativo della consorte quale mittente di missive ovvero l’utenza telefonica alla stessa in uso per instaurare contatti all’esterno non autorizzati, il che aveva chiaramente destato allarme circa l’idoneità della misura degli arresti domiciliari a fronteggiare le esigenze cautelari, ben al di là della specifica vicenda della lettera». Alle contestazioni della procura si aggiunge inoltre quella relativa alla velocità con la quale il Tribunale ha deciso sull’istanza della difesa, presentata il 7 e accolta il 9 febbraio, «senza nemmeno attendere l’intero decorso dei “due giorni successivi” previsti ex art. 299 c.p.p, affinché l’Ufficio del pubblico ministero esprima il suo parere. Parere che, qualora fosse stato atteso, avrebbe consentito al Tribunale di Vibo Valentia di valutare anche» gli elementi sopra evidenziati.

«Siamo pronti a questa nuova battaglia – ha dichiarato al Dubbio Guido Contestabile, difensore di Pittelli assieme al collega Salvatore Staiano -, affatto sbigottiti dalla scelta della procura, nella consapevolezza che un innocente in attesa di giudizio non può e non deve finire in carcere». La decisione sulle sorti del penalista arriverà il 22 marzo, giorno in cui, afferma il “Comitato per Pittelli”, «il giudice dell’appello dirà se questa richiesta grottesca è da accogliere o piuttosto da respingere come atto di manifesta irragionevolezza e di sfida al buon senso e ai sentimenti di umanità più elementari – si legge in una nota -. Con atti del genere la giustizia mostra il suo volto più truce e più distante dai sentimenti delle persone comuni, le quali mantengono chiara in mente la distinzione fra un giusto processo (in un regime di democrazia) e una catena di rabbiosi atti persecutori. La nostra mobilitazione e la nostra solidarietà sono oggi più che mai necessarie! Per far sì che umanità e buon senso non siano definitivamente travolti».

  • Posted by riformagiustizia
  • On Febbraio 21, 2022
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