I due giudici alla cena “per soli uomini” con il massone Pittelli, “affidabile e rassicurante”(da La Stampa)
Una «cena per soli uomini perché non voglio andare nei ristoranti con gli amici magistrati, siccome mia moglie se ne viene a Roma, la faccio a casa».
La voce (e la casa) è quella di Giancarlo Pittelli: avvocato ed ex deputato, per un decennio plenipotenziario berlusconiano in Calabria. Siamo nel marzo 2018, pochi giorni dopo le elezioni. All’altro capo del telefono medici, avvocati e magistrati sia ordinari che amministrativi. Il tono è confidenziale. Alcuni declinano l’invito. Tra quelli che accettano Giuseppe Perri e Pietro Scuteri, all’epoca giudici per le indagini preliminari a Catanzaro e attualmente consiglieri della Corte d’appello.
Quello che i commensali non sanno è che Pittelli è indagato (e oggi imputato) di concorso esterno in associazione mafiosa, nell’inchiesta Rinascita-Scott di cui si sta celebrando attualmente il maxiprocesso con 355 imputati. Pittelli è ritenuto dalla Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri l’anello di congiunzione tra politica, ‘ndrangheta e massoneria.
Grazie al virus trojan che hanno inoculato nel cellulare di Pittelli, quella sera di quattro anni fa gli investigatori ascoltano le conversazioni prima e dopo la cena. Parlano, come risulta dagli atti del Csm, «di tematiche di carattere generale, sociale e politico, ma pure di vicende di natura giudiziaria e dell’operato di diversi magistrati, per lo più del distretto di Catanzaro. Prima dell’inizio della cena Pittelli, parlando con due avvocati, si riferisce a non meglio precisate cene a Roma e dice di essersi recato nella sede delle logge massoniche romane».
Poi i commensali «si lasciano andare a commenti e considerazioni personali (…) anche sull’operato di diversi magistrati operanti nel distretto di Catanzaro; invero i commenti e le valutazioni dei commensali, anche specifici e piuttosto critici, riguardano sia determinate vicende giudiziarie proprie del distretto, trascorse e attuali, sia l’operato di non pochi magistrati; si segnalano, ad esempio, commenti critici sull’attuale procuratore della Repubblica Nicola Gratteri». Viceversa, i due giudici commensali vengono simpateticamente definiti «atipici con i quali si può discutere e dei quali ci si può fidare, mentre risulta negativo il giudizio espresso da Pittelli nei riguardi della gran parte dei magistrati e della magistratura».
I carabinieri annotano tutto. E il procuratore Gratteri manda a Salerno, per competenza sui magistrati calabresi, questi atti che si saldano con le rivelazioni choc di un altro giudice di Catanzaro, Marco Petrini, già presidente di sezione della Corte d’appello. Arrestato per diversi episodi di corruzione giudiziaria, Petrini racconta ai pm «dell’esistenza di un radicato sistema corruttivo in cui sarebbero stati coinvolti appartenenti alla magistratura calabrese, avvocati e professionisti (…), cementato da una comune appartenenza massonica attraverso cui orientare le decisioni giurisdizionali in modo favorevole a sé e ai propri assistiti in procedimenti penali». E mette in fila i nomi, tra i quali oltre all’onnipresente Pittelli ci sono quelli di alcuni magistrati.
Guadagnatosi i domiciliari, Petrini però ritratta. In assenza di conferme da altri testimoni e senza riscontri dalle intercettazioni, la Procura di Salerno archivia l’indagine. Né trova prove che la ritrattazione sia stata coartata.
Ma le carte sulla «cena per soli uomini» finiscono al Csm, per valutare se i due giudici commensali di Pittelli possano ancora lavorare a Catanzaro. Dall’istruttoria della prima commissione, risulta che «il giudice Perri ha trattato 26 procedimenti in tema di riesame e 2 in tema di misure di prevenzione patrocinati dall’avvocato Pittelli; il giudice Scuteri, a sua volta, ha trattato 38 procedimenti in tema di riesame e 4 in tema di misure di prevenzione patrocinati dall’avvocato Pittelli. Anche all’ufficio gip vi sono stati procedimenti patrocinati dall’avvocato Pittelli, o da suoi colleghi di studio: 3 trattati dal giudice Perri (uno dei quali patrocinato personalmente anche dall’avvocato Pittelli) e nove dal giudice Scuteri (uno dei quali patrocinato personalmente anche dall’avvocato Pittelli)».
La commissione ha dunque ascoltato Domenico Introcaso, presidente della Corte d’appello dove lavorano i due giudici. Introcaso, non sorprendentemente, ha difeso l’operato dell’ufficio, lodandone la produttività. Ha poi raccontato che «si mormora di questa cena perché i notiziari, soprattutto quelli locali, via internet, sostanzialmente questi giornali, queste pubblicazioni o questi mezzi di informazione via internet parlano di questa cena, però nominativamente posso dire, a mia conoscenza, non c’è stato nessun riferimento di carattere individualizzante e personale, nel senso che si mormora di questa cena e si fanno pettegolezzi su questi mezzi di informazione, che son per lo più di tipo scandalistico. Si fa menzione di questa cena, però non c’è nessun riferimento personale o nominativo a questi o ad altri magistrati, per la verità», confermando poi che «Pittelli, come avvocato penalista, difendeva spesso esponenti della criminalità organizzata». In particolare «tra il 2017 e il 2019, e limitatamente ai processi patrocinati personalmente dall’avvocato Pittelli, il giudice Scuteri ne ha trattati due, in uno dei quali è stato anche relatore, mentre il giudice Perri ne ha trattati otto, in due dei quali è stato anche relatore».
Dunque i giudici erano commensali di un politico-avvocato massone e difensore abituale di ‘ndranghetisti, anche in processo di cui si occupavano essi stessi, senza mai astenersi. In assenza di rilievi penali e disciplinari, è comunque opportuno che continuino a lavorare a Catanzaro, dove Pittelli è ora imputato?
Convocati dal Csm, i due giudici commensali si difendono.
Perri spiega «di non avere mai avuto con Pittelli alcun rapporto di frequentazione, né telefonica né personale», tanto che «la cena del 16 marzo 2018 è stata l’unica occasione in cui lo ha frequentato per ragioni non d’ufficio». Nega imbarazzo, perché «all’epoca Pittelli appariva persona affidabile e aveva rapporti di frequentazione anche con altri magistrati». Precisa che «hanno cominciato a darsi del tu più o meno intorno al 2016 fermo restando che le nostre conversazioni non hanno mai avuto ad oggetto vicende giudiziarie né tanto meno questioni personali, familiari o confidenziali». Specifica che «prima di quella cena del 2018 mi aveva invitato altre volte ma avevo declinato gli inviti, dopo quella cena non l’ho più incontrato né sentito telefonicamente».
Anche il giudice Scuteri nega un’intensa frequentazione con Pittelli, che peraltro all’epoca «era una persona che non mi risultava fosse gravata da precedenti penali, la cui condizione di indagato non gli era nota e che non era nota socialmente, le cui frequentazioni risultavano piuttosto rassicuranti o comunque non tali da ingenerare sospetti e che, inoltre, non aveva mai coinvolto chi scrive, anche solo verbalmente, in situazioni opache o poco commendevoli». E derubrica la cena a «episodio isolato e unico».
Eppure dagli atti emerge un tono confidenziale e la conoscenza dell’ubicazione della casa di Pittelli, circostanze che fanno supporre agli investigatori una frequentazione non episodica.
Entrambi i giudici hanno negato che la vicenda abbia avuto ripercussioni nei rapporti con i colleghi e con gli avvocati.
Ora tocca al plenum decidere la sorte dei due giudici, dopo che la commissione del Csm si è divisa. Due componenti (Benedetti e Braggion) hanno votato per archiviare la pratica, convinti soprattutto da due circostanze: l’assenza di prove di ulteriori rapporti tra i giudici e Pittelli e la scelta dei due giudici di trasferirsi al settore civile, scongiurando conflitti di interessi.
Altri due consiglieri (Chinaglia e Celentano) si sono astenuti.
A votare per il trasferimento dei due giudici per incompatibilità ambientale solo Nino Di Matteo. Come sempre, o quasi.
- Posted by riformagiustizia
- On Giugno 7, 2022
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