L’ALLARME DI GIAN DOMENICO CAIAZZA: “LA TESI DEL PM È SENTENZA, GLI AVVOCATI SONO VISTI COME INTRALCIO”

Riportiamo un’intervista rilasciata dall’Avvocato Gian Domenico Caizza, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno giudiziario dei penalisti italiani (Titolo:”Tutelare la libertà del difensore per garantire l’indipendenza del giudice”) celebrata l’11 e il 12 febbraio 2022, significativamente, nella città di Catanzaro.

Cosa limita la libertà di un avvocato?
In questi anni abbiamo assistito ad una costante e crescente messa in discussione del ruolo dell’avvocato, il cui libero e pieno esercizio del diritto di difesa del proprio assistito viene prevalentemente interpretato come un intralcio alla giustizia. Ciò è la conseguenza dell’alterazione che è avvenuta nella dinamica del processo penale che ha spostato il baricentro dal giudizio alle indagini. Se si attribuisce alla investigazione, all’ipotesi accusatoria un peso quasi conclusivo nella valutazione penale del fatto, tutto ciò che mette in discussione l’ipotesi accusatoria viene considerato un ostacolo alla affermazione della giustizia. Di conseguenza il difensore viene visto come l’alleato di un imputato che è già raggiunto da una presunzione di colpevolezza.

Questa rappresentazione negativa dell’avvocato potrebbe mutare grazie alle parole di Mattarella?
Noi ce lo auguriamo. Mi piacerebbe che un passaggio del Presidente della Repubblica nel suo discorso di giuramento possa avere questa forza di ribaltare una dinamica quasi trentennale. È sicuramente un fatto importante che abbiamo sottolineato. Però temiamo che la strada sia lunga. Noi abbiamo scelto Catanzaro non certo a caso: è storicamente uno dei luoghi in cui quelle dinamiche distorte del processo trovano la massima rivendicazione e teorizzazione.

Stiamo parlando della città dove è Procuratore Nicola Gratteri che voleva smontare la Calabria come un trenino Lego.
Non mi interessa entrare in polemica né tantomeno nel merito di procedimenti in corso. Noi abbiamo invitato il dottor Gratteri ad intervenire -come tutti i vertici della Magistratura inquirente e giudicante di Catanzaro-e siamo lieti che partecipi. Però quanto avviene a Catanzaro è sintomatico di quella patologia che le ho descritto prima, per cui il grosso del lavoro finisce con le indagini e gli arresti. Proprio per questo saremo qui due giorni per cercare un confronto innanzitutto con chi la pensa in maniera opposta alla nostra.

Il Csm ha archiviato la vostra segnalazione su alcune dichiarazioni proprio di Gratteri.
Prendo atto della decisione del Csm. Tutti però sono in grado di valutare che, con una decisione assunta con 10 astensioni, tra cui quella del Pg Salvi e del Primo Presidente Curzio, la nostra segnalazione non era priva di ragioni.

A proposito invece di contrapposizioni com’è il rapporto dell’Ucpi con l’Anm?
Abbiamo avuto sempre un rapporto di confronto molto leale e franco con l’Anm e, quando possibile, anche di collaborazione costruttiva. Ma in questi ultimissimi anni il confronto si è indebolito non certo per nostra volontà. Abbiamo notato che c’è nella magistratura italiana una strana idea del confronto per cui, quando si hanno posizioni contrapposte, ci si sottrae ad esso. Ad esempio in merito alla separazione delle carriere o ai fuori-ruolo.

Il Segretario di Magistratura democratica, Stefano Musolino, in una intervista a questo giornale ha detto che l’Anm non riesce a rappresentare la magistratura.
Mi interessa molto dire questo: in particolare in questi tre anni da Presidente dell’Ucpi ho toccato con mano una distanza importante tra la magistratura con cui i penalisti si confrontano sui territori e la sua rappresentanza politica. Abbiamo 131 Camere penali in tutta Italia e ciascuna di esse si confronta con la magistratura in diverse occasioni: abbiamo trovato molta più attenzione e condivisione in questi incontri sui territori che nelle posizioni dell’Anm nazionale. Faccio un esempio: il processo da remoto. Anm ne aveva fatto una bandiera, mentre a livello locale abbiamo constatato che non ci credeva nessuno. Quindi capisco cosa dice Musolino.

Forse oggi arriva in Cdm la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario.
Mentre siamo stati invitati ai tavoli di confronto sulla riforma del processo penale, dando un contributo notevole, non abbiamo invece avuto un momento di confronto sul tema che mi ha sollevato. Dobbiamo immaginare che questa sia stata una scelta fortemente condizionata da Anm.

Ma questo significherebbe che sia la Commissione Luciani che la Ministra Cartabia si lasciano influenzare da Anm.
Non sono in grado di sapere cosa sia accaduto con certezza. Però sicuramente la Commissione Lattanzi ci ha cercati, dalla Commissione Luciani non abbiamo ricevuto neanche una telefonata.

E neanche dalla Cartabia?
No. Noi su questo tema non siamo stati interpellati, come se la questione non ci riguardasse.

Si dibatte molto di porte girevoli in questi giorni.
I magistrati eletti in politica rappresentano un problema marginale perché si contano sulle dita di una mano. Non ho invece capito perché dal tema delle porte girevoli si escludano i distacchi presso i Ministeri. Per noi il problema centrale della commistione tra politica e magistratura è e rimane quello dei fuori-ruolo.

Eppure Nino Di Matteo ha voluto ricordare che nell’attuale Parlamento ci sono oltre un centinaio di avvocati di cui molti “aderenti alle camere penali” impegnati “a svolgere la loro professione di avvocato mentre ricoprono l’importante incarico parlamentare”.
Non mi risulta che ci siano tutti questi aderenti all’Ucpi. Ed è incredibile come non si comprenda la differenza: i magistrati sono espressione di un potere dello Stato. Gli avvocati sono dei liberi professionisti che non esercitano alcun potere. Il tema è la separazione del potere giudiziario da quello esecutivo, non quello degli avvocati nel legislativo.

Il Pd ha rilanciato l’idea dell’Alta Corte: ddl Costituzionale. Però quando foste voi a parlare di riforma costituzionale per la separazione delle carriere, molti vi risposero che bisognava concentrarsi solo sulle riforme legate al Pnrr, che non bisognava caricare troppo l’agenda politica.
Giusta considerazione, soprattutto perché la nostra pdl di iniziativa popolare giace in Parlamento dalla fine della scorsa legislatura. La verità è che il problema della natura costituzionale della riforma evidentemente rappresenta una obiezione di tipo strumentale. Ci sono temi che si è disposti ad affrontare ed altri che sono popolarissimi ma che non si vuole dibattere, come quello della separazione delle carriere.

Referendum: lei sosterrà le ragioni di quello sulla cannabis martedì prossimo in Corte Costituzionale.
Per vent’anni della mia vita ho fatto tutti i processi di disobbedienza civile sulle cosiddette droghe leggere. Per me rappresenta quindi una bella occasione per fare dinanzi alla Consulta un discorso che ho fatto già in passato assistendo i militanti radicali, a partire da Pannella e Bonino.

La decisione della Corte Costituzionale sarà solo tecnica o politica?
La giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di ammissibilità dei referendum negli anni si è fatta molto rigorosa. Ciò ha trasformato il referendum abrogativo in uno strumento molto rigido, molto difficile da maneggiare. Sarebbe un bel segnale se la Corte volesse comprendere che il coinvolgimento dell’opinione pubblica può essere una importante pagina di democrazia, a prescindere dalla condivisione sui meriti dei quesiti.

Il governo intanto non si è costituito.
Il Governo ha dato un segnale. Mattarella ha parlato di partecipazione. Mi auguro che la Consulta possa adottare un atteggiamento di maggiore disponibilità rispetto a quanto non fa prevedere la sua giurisprudenza eccessivamente restrittiva.

di angela stella (da “il riformista”).

  • Posted by riformagiustizia
  • On Maggio 9, 2022
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